Recensione - Dai tuoi occhi solamente

Titolo: Dai tuoi occhi solamente
Autore: Francesca Diotallevi
Editore: Neri Pozza
Pagine: 207
Genere: Romanzo italiano
Prezzo: €16.50
Ebook: €9.99

"Questo ho fatto, nella mia vita. L'ho spesa tutta a osservare le esistenze degli altri, senza che mai nessuno guardasse nella mia direzione, se non con occhi sospettosi, domandandosi cosa avessi intenzione di fare con quella macchina fotografica. Ma forse sono ingiusta. Qualcuno mi ha guardato. I bambini, tanto per cominciare."

Ha ventotto anni Vivian quando decide di rispondere ad un annuncio per un colloquio di lavoro come tata, le famiglie la attirano, la incuriosiscono, le famiglie che conservano piccoli drammi, che recitano, che cercano di rimanere unite nonostante le crepe che si allargano sempre di più. Lei, che la sua di famiglia l'ha vista sgretolarsi dietro porte sbattute, la rabbia di sua madre e la sregolatezza di Karl, suo fratello. Vivian veniva sradicata dai suoi affetti, valigie pronte e un oceano da attraversare, un'infanzia cercando di puntare quelle radici che con forza cercavano un terreno in cui trovare pace, che sia la Francia con la zia e il nonno materno o una stanza chiusa a chiave, colma di giornali in una New York di metà anni cinquanta.

Il suo compito è prendersi cura degli altri, lei vede le cose con occhi diversi, si impossessa di attimi e lo fa con la sua Rolleiflex, comprata con i soldi avuti vendendo la vecchia proprietà ereditata dalla zia, forse un risarcimento per l'infanzia turbata dall'uomo che le stava accanto. Tutta la sua vita era racchiusa li, nella macchina fotografica che le batte sul petto quando cammina, è il peso del suo talento, osserva senza essere vista, leva l'otturatore e si impadronisce di istanti.
Possono essere autoscatti, foto riflesse, bambini distratti, mani che si intrecciano, mendicanti per la strada. Sono attimi che per lei non vedranno la luce, Vivian li conserva gelosamente, non permetterà che i suoi scatti vengano giudicati o vadano in mani sconosciute. Cambia i rullini, li conserva negli scatoloni insieme ai negativi , biglietti del cinema, ritagli di giornale, valigie piene di cappelli e abiti, per poi dimenticarsene.

"Da solitaria qual era diventata, ricercava in maniera ossessiva ciò che annodava fra loro le famiglie, gli amanti o anche solo gli sconosciuti che si incrociavano in una strada. I punti di sutura che ricucivano gli strappi, gli orli slabbrati, dolenti, le misteriose congiunture, le storture, le incomprensioni che separavano a volte per sempre. Tentando di trovare negli altri ciò che non poteva desiderare per se stessa."

Vivian Maier viene considerata oggi una delle più grandi fotografe del Novecento, Francesca Diotallevi, in una sua nota a fine libro spiega al lettore che su di lei le informazioni reperibili sono poche e frammentarie, non sono rimaste memorie o lettere e anche le testimonianze di chi la conobbe sono discordanti. Come ha fatto perciò la scrittrice a regalare al lettore un romanzo così intenso, toccante e vivo?
Lo spiega lei stessa, lo ha fatto dando voce alle foto di Vivian, le ha seguite come una sorta di mappa o pietre di Pollicino. Ed è anche il modo in cui io stessa ho letto questo romanzo. Spesso mi sono trovata dinanzi una descrizione così dettagliata e intensa di una fotografia della Maier che subito ho dovuto cliccare su Google per vedere la foto con i miei occhi. Scorrevo le immagini fra tante e subito, dalla descrizione, la riconoscevo.

"Dopo essersi calata sulla testa il cappello sformato, Vivian si infilò la Rolleiflex al collo e lasciò l'hotel. Camminò a passo spedito fino a un'edicola, dove acquistò diversi giornali. Sul marciapiede, lì accanto, era seduto un uomo. La camicia lurida e le scarpe sfondate, guardava fisso davanti a sé con occhi vacui, tenendo in mano un torsolo di mela. Un sottile filo di saliva gli colava dalla bocca spalancata, in cui si intravedevano le gengive guaste a cui erano rimasti attaccati ben pochi denti. dai suoi abiti rigidi di sporcizia esalava un insopportabile tanfo di urina e fiori marci. L'odore della fame pensò Vivian. L'odore della miseria, quella a cui si cerca di restare indifferenti perché guardarla in faccia, quella disperazione, fa troppo paura, fa provare una colpa troppo grande. Vivian aprì la custodia della Rolleiflex e inquadrò l'uomo, poi, dopo averlo fotografato, si avvicinò e gli mise in mano una banconota da venti dollari. L'uomo sollevò su di lei uno sguardo vuoto e sorrise, la bocca una voragine scura da cui non uscì alcun suono."

Se siete appassionati di fotografia, se vi piacciono i personaggi schivi, se conoscete la storia di Vivian Maier o non l'avete mai sentita nominare, se siete amanti dei bei romanzi, se volete un libro da sottolineare perché quel passaggio letto è pura poesia, se volete impossessarvi di istantanee di vita altrui questo è il libro che fa per voi. Un cammino fatto di immagini che grazie al talento e alla fantasia per le storie di Fancesca Diotallevi ha dato vita a un romanzo assolutamente da leggere.


Francesca Diotallevi è nata a Milano nel 1985. E' laureata in Scienze dei Beni Culturali. Tra le sue opere Le stanze buie Mursia, 2013), Amedeo, je t'ame (Mondadori Electa, 2015), Dentro soffia il vento ( Neri Pozza, 2016), vincitore della seconda edizione del premio Neri Pozza sezione giovani.





Commenti

  1. Bellissimo romanzo, e recensione decisamente all'altezza!

    RispondiElimina
  2. Un libro meraviglioso raccontato splendidamente

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Francesca Diotallevi non delude mai. Aspettiamo il prossimo! Grazie Stefania.

      Elimina
  3. Bellissima recensione per un libro altrettanto bello! Anch'io andavo alla ricerca delle foto di Vivien su google! baci!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma secondo me è anche un modo per entrare ancor di più nel racconto, poi le foto sono davvero bellissime.

      Elimina

Posta un commento

Post più popolari